Gli
asini
Prima di sistemarci definitivamente a Saranda, siamo state, ospiti delle
Suore tre mesi, a Valona, per studiare la lingua e l’ambiente. Così
un giorno siamo andate con loro e con i Padri a portare viveri agli alunni
di una scuola in un villaggio, non proprio facilmente raggiungibile. Primo
tratto in macchina su strade avventurose; secondo tratto, noi a piedi
e i viveri su tre asini presi in affitto. Tutto procede bene fino a quando
arriviamo ad un piccolo ponte su un torrente in secca. Uno degli asini
non vuole saperne di procedere, né con lusinghe, né con
modi un po’ più spicci e decide di cambiare strada. Finalmente
arriviamo e davvero grande è la gioia dei ragazzi nel prendere
ciascuno il proprio pacco.
Emiliano:
un anno scarso quando lo abbiamo conosciuto in tenuta da esploratore:
golfino e nient’altro, mentre gattonava tra casa sua e la porta
del nostro ambulatorio. Ultimo dei tre figli dei nostri vicini, Emiliano,
come i suoi fratelli, è divenuto assiduo frequentatore di casa
nostra; allora un piccolo appartamento al pianoterra di uno stabile di
cinque piani. Gli piaceva particolarmente farsi fari il bagno nel nostro
lavandino, tutto felice di essere pulito e profumato, con grande stupore
di sua madre che si meravigliava perché con lei, che lo lavava
con la canna e l’acqua fredda, gridava a perdifiato.
I primi giochi li ha scoperti nell’asilo, improvvisato in una nostra
camera, frequentato da venti alunni.
Nel Natale, vissuto lì, con tutto il cuore cantava “Gi bel”,
così traduceva “Jingle bells” e parlava in albanese
con Sr. Mattia che gli rispondeva in italiano: l’amore è
la via più veloce per camminare insieme. Ora abitiamo dall’altra
parte della città e ci incontriamo di rado, ma gli occhi gli splendono
di gioia ogni volta che ci vediamo.
Centopiedi:
Biondo, due anni e mezzo, occhi vispi e tanta voglia di camminare: ecco
l’identi-kit di Aldi, soprannominato “centopiedi” per
la sua propensione ad allontanarsi solo da casa, una baracca in legno
senza servizi, tanto che la sua giovanissima mamma lavava incessantemente
in un catino all’aperto e lui la “aiutava” sciacquando
uno straccio sporco con i panni puliti…
Appena la mamma girava lo sguardo Aldi sgattaiolava, via: veniva da noi,
passava dalla porta dell’ambulatorio, aperta nell’orario delle
visite, pizzicando le gambe dei pazienti per farsi strada. Si piazzava
davanti allo scaffale dove sapeva che c’erano i biscotti e trovava
il modo di farsene dare qualcuno. A volte decideva di cenare con noi e
la mamma, poi, lo trovava… inappetente!
Fare un giro in piazza poteva essere, però, per lui più
emozionante… per fortuna era conosciuto e si trovava sempre chi
lo riportasse a casa, dove lo attendevano due scapaccioni sonori da parte
della mamma.
Mario
Mario, tre anni, fa una passeggiata con noi lungo mare e ci indica ogni
cosa come un vero cicerone. Gli faccio notare che il sole se ne va e lui
mi rassicura: “Ma domani torna!”
1997
Durante i disordini del 1997 la città di Saranda è sospesa
tra la paura e l’incertezza. Tutto è come sospeso in attesa
degli eventi. Noi vinciamo la paura uscendo di casa e facendo qualche
passeggiata. Su per la collina incontriamo un gruppo di bambini che giocano
per strada. Passiamo e la Suora che è con me fa una carezza ad
uno di loro. Di corsa arrivano gli altri: vogliono una carezza anche loro!
Le Palme
1997
C’è davvero bisogno di Pace in questa primavera contrassegnata
dai disordini scoppiati in seguito al fallimento delle finanziarie.
Non abbiamo un sacerdote che celebri la S. Messa, ma i bambini hanno raccolto
rami di ulivo e di alloro. Celebriamo la Parola, preghiamo che la Pace
trovi spazio in ogni cuore e chiediamo al Signore che la Sua Benedizione
scenda su quei rami perché divengano segno e monito di Pace.
L’
asilo per strada
Nel numero delle molte sedi che il nostro asilo ha avuto, questa è
la terza, dopo quello in una delle nostre camere e quello in un negozio.
Questo è davvero particolare: è per strada in uno slargo
protetto dai palazzi. Siamo parecchi, ormai, non ci stiamo in casa e l’asilo
sulla via non è sicuro, perché si spara dappertutto anche
senza motivo, per questo le scuole sono chiuse.
I bambini e i ragazzi sono, però, per strada con grande rischio
per la loro vita.
Pensiamo, allora, di raccoglierli vicino al muro di casa nostra e di occuparli
in attività varie, dal disegno al gioco, ai lavoretti con materiale
di recupero. Il vento ci scompiglia i fogli e tenta di rubare i capolavori
appena terminati. Chi si è ustionato giocando con la polvere da
sparo o ferito viene all’ambulatorio e noi siamo lì, spettatori
increduli di una guerra senza nemici, ma con conseguenze che ogni guerra
porta con sé.
Riconoscenza
Ci capita di muoverci spesso per raggiungere Tirana e le strade, soprattutto
agli inizi della nostra permanenza in Albania, non possono definirsi buone.
D’estate, poiché il viaggio può durare anche sei ore,
qualche sosta è inevitabile. Ci fermiamo davanti ad una baracchetta
dove un giovane vende bibite e qualche merendina. Ci riconosce come italiane
e ci offre tutto lui. La motivazione: “in Italia sono stato accolto
con generosità, devo ricambiare”.
Borsh
Borsh è una splendida località sulla costa tra Saranda e
Valona. Proprio in riva al mare si sono insediate una quarantina di famiglie
provenienti dal Nord. Lì, per due anni, abbiamo fatto il catechismo
e alla fine del febbraio 1997 avevamo fatto lezione e assegnato i compiti.
Poi sono scoppiati i disordini a causa del fallimento delle finanziarie
e la strada non è stata percorribile per mesi. Così ad ottobre,
quando finalmente abbiamo potuto tornare, ecco arrivarci incontro i bambini
con i disegni in mano e i compiti fatti!
Klaudia
Una faccetta tonda e tanta voglia di imparare, ma facendo il suo lavoretto
con troppa fretta, Klaudia ne strappa un pezzetto, alla maestra che la
rimprovera dice: “Non ti preoccupare, lo sistemo io!”
Meravigliosi
kossovari
Aprile 1998. Come celebrare con gioia la Pasqua se giorno dopo giorno
arrivano le notizie raccapriccianti della guerra in Kossovo? E poi, cacciati
dalle loro case, in fuga per giorni, a migliaia i kossovari si rifugiano
qui presso i loro fratelli albanesi, poveri ma accoglienti.
I primi cento vengono sistemati all’Ospedale degli Inglesi da poco
costruito e non più funzionante, ma adatto ad ospitare chi non
ha più nulla. Poi, una sera arriva la notizia che cinquanta persone
appena sistemate in un albergo con 10 stanze e 2 bagni, non hanno avuto
la cena. Ci affrettiamo e imbastiamo una cena come è possibile
per noi, non ancora organizzate all’emergenza, e per la città
con ancora pochi negozi e a quell’ora chiusi. Non che la chiusura
fosse un ostacolo! Abbiamo imparato ad andare in casa di chi vendeva al
mercato per mettere insieme qualche capo di biancheria da dare a ciascuno
perchè si potesse cambiare.
È stato in questo periodo che abbiamo conosciuto i nostri amici
di Corfù: Paolo, dal cuore grande e dalla sconfinata generosità;
P. Giulio, pronto, appena gli è possibile, ad attraversare il mare
per celebrarci la Messa e a farci da autista a Corfù; Micheline,
francese di nascita, corfiota di residenza, sollecita con vera carità
in ogni momento; le Suore di Lione e quelle di Malta, sempre ospitali,
vere Case di Betania per noi. Da allora quante volte ci siamo incontrati
sull’onda della loro attenzione alle nostre necessità!
Per loro e per quanti hanno condiviso con noi il tempo della venuta dei
profughi a Saranda, il tempo del dolore e della fatica si è trasformato
in Tempo di Grazia.
Andrea, giovane avvocato, mi ha portato in macchina di notte fino alla
Casa dei lavoratori per accompagnare una signora all’ospedale. Lì
siamo rimasti finché le hanno fatto le prime cure e, mentre aspettava,
lo vedevo addormentarsi vinto dalla stanchezza. Finita la flebo la signora
ha espresso il desiderio di tornare subito indietro perché là
aveva i suoi bambini e non poteva immaginare di lasciarli da soli. Allora
Andrea, come se fosse riposatissimo, con estremo garbo l’ha riaccompagnata
a destinazione.
La Casa dei lavoratori è una bella struttura a due piani, prospiciente
il mare con un vasto giardino, appena fuori dalla città. Le numerosissime
stanze, però, non avevano più finestre e la notte in quel
aprile era ancora fredda. Rocco ha passato una serata ad inchiodare agli
infissi tutti i pezzi stoffa che avevamo per formare un ostacolo al vento.
E la gente sdraiata a terra (aver letti sufficienti per tutti, appena
arrivati, era impossibile) non sapeva come ringraziare, quasi si trattasse
di un’ospitalità a 5 stelle!.
“Opa,
opa”
(in braccio), uno scricciolo di tre anni piange disperato ogni mattina
quando lo lasciano all’asilo. Si calma solo se si rannicchia tutto
sulla mia spalla. Dopo un po’ gli faccio osservare che non possiamo
stare così tutta la mattina, ma lui risponde: “Sì,
lo possiamo”.
Presepi
viventi
E’ ormai una lunga tradizione, sia a Saranda che al villaggio, quella
del Presepe vivente che coinvolge per più di un mese bambini e
ragazzi nella preparazione delle scene e dello spettacolo. Se qualcuno
arriva a preparazione avviata non può che fare l’Angelo.
Così, in prossimità del Natale 2003, poco prima della rappresentazione,
si è presentato un bambino di due anni che voleva recitare. Gli
abbiamo detto di fare l’Angelo e lui ha protestato: “sono
Deni, non sono Angelo” e siccome i presenti sono scoppiati a ridere,
si è risentito dicendo. “Non ridetemi in faccia”. Il
presepe, però, ha avuto un bellissimo Angelo biondo in più.
Al villaggio, invece, ogni anno c’è una novità: una
volta lo sfondo è stato una stalla diroccata, un’altra il
porticato di casa nostra, l’anno scorso un piccolissimo Giuseppe
accompagnava una minuscola Maria alla ricerca di un luogo che li accogliesse.
Nessuno li ha voluti ospitare, ma i cori degli angeli hanno rallegrato
la notte più santa e i pastori, tutti rigorosamente sotto i sei
anni, hanno portato i loro doni.
Quest’anno lo spettacolo è stato più elaborato e abbiamo
scoperto nuovi talenti così portentosi da indurci ad iniziare la
preparazione di un altro spettacolo: la vita di Madre Teresa di Calcutta.
Anche fare teatro è un modo di educare, anzi di farlo nel senso
etimologico della parola, un modo per “tirar fuori” il talento
nascosto e far crescere la persona, formandone il carattere attraverso
l’impegno e il gusto delle sfide.
I 6
ora 7:
Li abbiamo chiamati sempre così da quando li abbiamo conosciuti
sette anni fa. Abitavano in una casa di un vano e mezzo senza servizi.
Si tratta di una famiglia con 6 figli e un settimo nato da pochissimo.
Vengono dal Nord dell’Albania e ora si sono stabiliti nel villaggio
dove andiamo due volte alla settimana. Si stanno costruendo la casa. Infatti
la mamma, due anni fa, ci ha spiegato che non potevano mangiare tutti
i giorni perché si dovevano costruire la casa. Tutti soffrono di
rachitismo e le due ragazzine maggiori di, ormai, tredici e dodici anni,
sembra ne abbiano sei o sette.
Prima di Natale la mamma, in ringraziamento dell’aiuto che le diamo,
ci ha regalato un pezzo di maiale appena macellato. Ci piangeva il cuore
ad accettarlo sapendo che ne avevano più bisogno di noi, ma è
doveroso dare onore alla riconoscenza. Ora preghiamo per il nuovo arrivato,
accolto con amore da tutta la famiglia, augurandogli la grazia di crescere
sano e felice.
Numerosi
come le stelle del cielo…
…quasi altrettanti sono stati e sono i Volontari che in questi dieci
anni di permanenza a Saranda ci hanno aiutato nella nostra opera: ognuno
di loro ha condiviso le sue abilità, la sua cultura, tutti le loro
forze nei molti trasporti. I loro nomi sono scritti sulle palme delle
mani di Dio e nei nostri cuori. A loro dobbiamo il crescere e il mantenersi
della nostra opera.
Insieme, al tempo dei kossovari, abbiamo riempito di materassi quel deposito
che il giorno dopo era già vuoto, perché tutto era stato
distribuito. Insieme abbiamo pulito, ridendo e cantando, per alleviarci
la fatica, la nuova casa dove ora ha sede il Centro. Insieme abbiamo fatto
notte incartando i doni di Natale per i bambini. Insieme abbiamo gioito
delle bellezze naturali di cui abbonda questa terra. Insieme ci siamo
interrogati per vedere nelle varie situazioni, quale fossi la migliore
soluzione. Così abbiamo scoperto che ci sono tantissime persone
aperte, disponibili, generose, pronte a faticare per gli altri.
Più le ricordiamo e più l’animo si colma di riconoscenza
e di gioia.
La gioia
di avere tante sorelle e fratelli in Cristo
L’Albania è anche questo: scoprire giorno per giorno che
hai fratelli e sorelle che, come te, hanno donato la loro vita a Cristo
sui quali puoi contare davvero come su un membro della tua famiglia. La
loro casa è sempre pronta ad accoglierti, alla loro tavola c’è
sempre un posto per te e che è arrivato già da tempo è
il fratello maggiore a cui puoi chiedere consiglio.
Questo clima di fraternità continua a stupirci gioiosamente e ad
aiutarci a fare insieme il cammino di annunciatori di un Amore senza confini
del quale vogliamo essere un riflesso.
Prima
30 ora 46 e oltre…
Accanto al lavoro che le insegnanti elementari fanno, guidate e sostenute
da anni dalla Fondazione Mariani, in favore dei bambini con ritardo nell’apprendimento,
abbiamo visto la necessità di aprire per quei bambini una mensa
che consentisse, almeno, un pasto completo al giorno. Per un anno non
siamo riuscite a trovare un locale adatto, nel nostro Centro non ci sono
spazi idonei. Così pensavamo che quest’opera non fosse secondo
la volontà del Signore. Inaspettatamente una signora ci ha prospettato
due ambienti di un albergo, uno per la cucina e uno per la mensa, perfetti
per lo scopo. Aperta per 30 (dopo poco 35) la mensa ora serve 46 pranzi
al giorno e un take-away! Come facciamo? Lo sa il Signore e tutti coloro
che ascoltano la Sua voce: “Avevo fame…”.
L’anno prossimo ci sarà una classe in più… si
allargheranno le mura per ospitare altri bimbi? Una cosa è certa:
a qualunque volontario venga toccherà la gioia di servire a tavola
le nostre “boccucce”.
A questo proposito si fa strada l’idea di allargare il servizio
anche ai bambini del Villaggio, ma tra le molte difficoltà c’è
il fatto che sarebbe possibile solo due volte la settimana e i bambini
sarebbero un centinaio! Se il Signore ne vedrà l’utilità,
ci darà il modo di attuare anche una mini-mensa al Villaggio.
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